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domenica 15 giugno 2014
LA PERCEZIONE PARTE SECONDA
LA PERCEZIONE PARTE SECONDA
Le principali teorie:
il movimento del New Look
L’organizzazione del mondo percettivo dipende, oltre che da fattori strettamente inerenti allo stimolo, anche da altri elementi, come: i bisogni, gli stati emotivi, le aspettative, le motivazioni del soggetto che percepisce. Il soggetto, quando percepisce uno stimolo, compie un’azione di categorizzazione, in quanto, a partire da alcuni indizi, provvede all’identificazione e alla classificazione dello stimolo stesso. In quest’ottica, la percezione si fonda su un sistema di categorie appropriate, idonee per codificare la realtà ambientale sulla base delle relazioni rilevate fra le proprietà degli oggetti e degli eventi.
La teoria ecologica di Gibson
Jerome James Gibson (1904-1979) sostiene che il processo di percezione non è un progressivo arricchimento degli stati sensoriali attraverso processi eterogenei (esperienza passata, inferenze, schemi, ecc.),ma le informazioni percettive sono già contenute nella stimolazione così come si presenta al soggetto. Gibson ha chiamato affordances queste disponibilità già presenti nella stimolazione. Il soggetto deve solo riuscire a cogliere queste informazioni percettive già esistenti nell’ambiente che lo circonda (approccio ecologico alla percezione). Sulla scia di Gibson e continuando il suo lavoro di ricerca, Marr (1982) è approdato ad una concezione computazionale della percezione, proponendo un modello complesso per spiegare la rappresentazione e l’elaborazione dell’informazione visiva.
L’organizzazione percettiva:
la percezione delle figure
Guardando intorno riusciamo a distinguere scene complesse che sono dislocate nell’ambiente circostante.
Tali scene sono composte da figure messe insieme e ordinate per mezzo di precisi rapporti reciproci.
La figura è dunque l’unità elementare della percezione visiva. Può essere considerata figura qualsiasi entità visiva che abbia un aspetto (forma e colori) proprio. Il processo di percezione ci consente di individuare le figure, non di riconoscerle.
Nel processo di riconoscimento, agiscono altri meccanismi superiori, fra i quali il pensiero e la memoria.
Per individuare una figura bisogna staccarla dal fondo. Gli umani percepiscono le figure come entità che possiedono tratti distintivi molto individuati e che per tali caratteristiche si differenziano sia dal resto delle altre figure che dallo sfondo. L’operazione d’individuazione delle figure è automatiRiconoscerla vuol dire arrivare a stabilire cosa rappresenta. Percepire e riconoscere una figura è per i soggetti umani un processo unitario, del quale ci rendiamo conto solo quando l’ambiente percettivo è disturbato (presenza di poca luce, suono molto debole, ecc.). Per cui, riusciamo a percepire la presenza di un’entità figurale, senza riconoscere che cosa sia. ca ed inconsapevole. Ci rendiamo conto di attivare tali meccanismi dei quali normalmente non siamo coscienti, solo in situazioni particolari.
Come si estraggono le due immagini
Guardando tale immagine, ad una prima occhiata rileviamo un calice.
Guardando ancora ci accorgiamo che si possono notare due profili di volti umani che si guadano.
Questo è un tipo di percezioni fluttuanti in quanto, in tali situazioni, oscilla il rapporto percettivo figura-sfondo.
Percepiamo una figura nera su uno sfondo colorato, finché vediamo un calice. Non appena scorgiamo i visi, percepiamo il colore di sfondo del calice.
In questo caso il cervello si chiede qual è la figura e quale lo sfondo, anche se non ha un’ipotesi vincente e più plausibile delle altre. Dispone di due ipotesi entrambe funzionali. Di conseguenza, la percezione figura-sfondo resta in bilico e fluttua.
Quali sono i criteri che il cervello adotta per risolvere questi problemi? Su quale base arriva alla conclusione che un dato insieme di sensazioni è una figura, mentre il resto è uno sfondo? Questo processo, ancora in parte sconosciuto, necessita d’alcuni elementi, indispensabili per l’individuazione delle figure.
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